mercoledì 21 marzo 2012

Le origini del Jujutsu (pt 3)



Miti e leggende alla base delle varie scuole.
Quando e come sia nato esattamente il Jujutsu è oscuro. Di certo si sa che la maggior parte delle scuole sono sorte intorno al 1600, non appena il Giappone uscì da secoli di guerre intestine per abbracciare il nuovo stato di unità nazionale. Sicuramente però, il Jujutsu esisteva anche prima, testimone è il fatto che in molte di queste scuole le tecniche prevedevano la lotta in armatura, elemento caratteristico del campo di battaglia.
In Giappone l'idea di Storia è molto distante da quella occidentale, plasmata sul modello Greco-romano, e forse in questi termini non esiste nemmeno, vi è una grossa tendenza a ricorrere al mito per far perdere nella notte dei tempo l'origine dei fenomeni sociali, e forse dar loro importanza. In fin dei conti risulta anche comprensibile, se si considera la comparsa tardiva della scrittura e che per la maggior parte del tempo la principale attività della casta dominante è stata la guerra. A questo fenomeno non sfugge il Jujutsu, e ci sono state quindi tramandate alcune leggende sulle origini mitiche del Jujutsu.


La Leggenda del Salice
Secondo la scuola Yoshin Ryu (Scuola del Cuore di Salice) il Jujutsu ebbe origine in un tempo in cui le forme di lotta premiavano il contendente più forte fisicamente. Per questo motivo, un esile medico di origine cinese girò tutto l'arcipelago nipponico studiando varie arti marziali, ma senza mai avere successo e venendo sconfitto tutte le volte. Poichè era fortemente motivato continuò per anni, arrivando a conoscere quasi tutti i sistemi del tempo, ma senza riuscire mai ad applicare le sue tecniche. Infine, decise di ritirarsi presso un tempio e meditare 60 giorni, se in questo periodo non avesse avuto un illuminazione celeste avrebbe abbandonato la lotta e sarebbe tornato alla professione di medico. Per tutto il tempo il medico meditò con grande concentrazione, ma per quanto si sforzasse non riuscì ad avere nessuna intuizione particolare. Al termine del suo ritiro si preparava a tornare a casa sconsolato, quando all'improvviso cominciò una forte nevicata che lo trattenne al tempio. Il giorno dopo era tutto coperto di neve, e ancora nevicava. Allora il medico guardò fuori dalla finestra, e vide una possente quercia. I rami della quercia, grossi e resistenti, sopportavano un enorme carico di neve, ma prima o poi, inevitabilmente si spezzavano sotto il peso di essa. Allora si accorse, che dietro la quercia che cadeva a pezzi vi era un piccolo salice. La neve cadeva sulla quercia quanto sul salice, ma i rami di questo una volta coperti di neve, pur sopportando molto meno peso di quelli della quercia, una volta che il carico era troppo eccessivo, grazie alla loro elasitictà si piegavano e lasciavano cadere tutto il peso della neve. Vedendo questa scena il medico ebbe una realizzazione e da lì comprese il principio alla base del Jujutsu.
Oggi la scuola Yoshin ryu non esiste più nel ramo principale, ma è sopravvissuta tramite rami cadetti. Alla Yoshin ryu si riconosce talvolta la paternalità degli stili di combattimento a mani nude giapponesi, sebbene questo sia impossibile da provare.


Il maestro Cinese
Una seconda leggenda, che pone ancora una volta un elemento cinese nella paternalità dell'arte marziale giapponese, vuole che il jujutsu discenda da un maestro cinese di nome Cin In (il nome può variare in base alle diverse tradizioni). Questo maestro sarebbe stato un esperto di Kenpo cinese, che in Cina viene detto Quanfa o Kungfu, in visita in Giappone. Giunto nel porto di Nagasaki conobbe tre giovani ronin, samurai disoccupati, e per dare loro nuovi stimoli alla vita insegnò la loro arte. Essi conoscevano già le arti marziali giapponesi, essendo per l'appunto guerrieri. In breve tempo presero a girare tutto l'arcipelago misurandosi con altri esperti di combattimento. Giunto in tarda età, uno di questi ronin decise di fondare la sua scuola, la Kito ryu (la scuola della luce e dell'ombra) in cui oltre all'aspetto della lotta, basata su proiezioni e tecniche di controllo a terra, si insegnava una filosofia di ispirazione confuciana, in cui assumeva centralità la contrapposizione degli opposti, lo Yin e lo Yang qui identificati per l'appunto come luce e ombra. Questa filosofia si traduceva direttamente nel combattimento: per mantenere un equilibrio delle forze, se l'avversario spinge è necessario tirarlo, se l'avversario tira è necessario spingerlo. Particolarità della scuola era lo studio di tecniche con in fosso l'armatura da battaglia, che rendevano superflui l'uso dei colpi ma fondamentali gli sbilanciamenti. Oggi giorno la Kito ryu mi risulta estinta in tutti i suoi rami, ma in realtà sopravvive più di ogni altra scuola antica essendo stata una delle scuole in cui si è formato Shihan Kano Jigoro, fondatore del Judo, fortemente influenzato da questo stile di lotta.


Yoshimitsu no Minanomoto
Una terza e più macabra leggenda vuole che il primo grande personaggio alla base del jujutsu non fosse un umile medico o un povero cinese, ma il grande signore della guerra Yoshimitsu. Egli fu il principale artefice della fortuna dei Minamoto, il clan che dopo una feroce guerra civile contro i Taira si pose alla guida del Giappone, cambiandone per sempre la storia. I Taira erano infatti esponenti della nobiltà, l'antica casta strettamente legata all'imperatore e caduta poi in declino, i Minamoto erano invece esclusivamente Samurai, servitori di palazzo dei nobili. Sebbene inizialmente furono i Taira ad avere la meglio uccidendo tutti i capi dei Minamoto, fu Yoshimitsu a ribaltare le sorti della guerra vendicando i genitori e i parenti. Anche qui la leggenda sconfina pesantamente nella storia, si vuole infatti che Yoshimitsu imparò le arti marziali da un Tengu, un creatura metà uomo metà corvo tradizionalmente legati alle arti marziali. Yoshimitsu era un implacabile guerriero ma sopratutto un grande generale e castello dopo castello distrusse tutti gli avamposti dei Taira. Sembra, che solo l'ultima fortezza del nemico non accennava a cedere, e furono costretti ad un lungo assedio. Si dice, che Yoshimitsu, in questo assedio durato un anno, si facesse portare ogni notte i cadaveri dei guerrieri morti in battaglia, per eseguire un attenta opera di studio anatomico. Così facendo, il generale-guerriero apprese i segreti delle ossa, dei muscoli e delle articolazioni, sviluppando numerose tecniche di lotta corpo a corpo che si basavano sulla sua conoscenza medica.
Yoshimitsu è anche l'eroe romantico per antonomasia: dopo aver sconfitto il nemico e conquistato il paese lo consegnò nelle mani del fratello, non guerriero ma burocrate, esso, invidioso per la stima riscossa da Yoshimitsu e timoroso che potesse sottrargli il potere lo condannò a morte. Ma il generale scelse una vita in esilio e così inizio a fuggire, e fuggì per tutta la vita. Divenne leggendario come eroe del popolo, perchè sebbene i soldati del fratello furono sempre molto vicini a catturarlo, egli riuscì a scappare ogni volta. Ecco quindi che nell'immaginario collettivo Yoshimitsu è l'eroe innocente perennemente in fuga dall'autorità.
La leggenda vuole che suo figlio si trasferì nella provincia di Kai, dove cambiando nome diede origine al clan Takeda, tramandando le tecniche elaborate dal padre ai guerrieri scelti del clan. Il clan Takeda fu uno dei grandi clan della storia giapponese, che ebbe fortune alterne, nel periodo delle guerre civili, alcuni secoli dopo, Takeda Shingen fu vicino a conquistare il potere sull'intero giappone. Nei primi anni del 1900, uno degli ultimi esponenti di questo clan, Takeda Sokaku ebbe un allievo particolarmente noto, Ueshiba Morihei, che sulla base delle tecniche apprese della Daito ryu Aikijujutsu fondò il suo Aikido.

Nessun commento:

Posta un commento