martedì 19 luglio 2011

I due fratelli e il monastero


Nei tempi passati vi era l'usanza che un viaggiatore potesse trascorrere la notte in un monastero zen, solo dopo aver sconfitto un monaco di casa, in un duello verbale basato sulla dottrina.
In un dato tempio vivevano due fratelli, entrambi monaci. Il più vecchio era saggio e esperto nello zen, mentre l'altro era sciocco e orbo da un occhio. Un giorno giunse un viaggiatore errante e andò dal fratello sciocco per sostenere il colloquio. Presto tornò dal maggiore dichiarandosi sconfitto. "Puoi raccontarmi comunque come si è svolta la vostra conversazione?" chiese il saggio monaco. "E' stata un esperienza preziosa, che non ha richiesto alcuna parola, ma nonostante questo io ne sono uscito sconfitto senza ombra di dubbio. Quando ho visto tuo fratello, ho mostrato subito l'indice, a simboleggiare l'unica natura di buddha presente in tutti noi. Allora tuo fratello, ha mostrato l'indice e il medio insieme, ovvero la natura di buddha che può essere raggiunta solo con l'insegnamento, il Dharma. Quindi ho replicato mostrando tre dita, la natura di buddha, l'insegnamento, e il Sangha, la comunità monastica che dedica la sua vita allo studio del Dharma. Tuo fratello a questo punto ha chiuso la mano, dimostrando che Buddha, Dharma e Sangha sono in realtà un unica cosa. Non sapendo come replicare ad una tale chiarezza mentale e capacità di sintesi mi sono dichiarato sconfitto e ora proseguo il mio cammino".
Allora il monaco si diresse dal fratello per sentire anche il suo racconto del dialogo.
"Dove si trova quello sciagurato?" disse il monaco orbo. "E' un vero maleducato, mi disturba che il nostro tempio debba ospitare una tale persona. Quando mi ha visto, non si è nemmeno degnato di sottoporsi al colloquio, come vorrebbe l'educazione, e senza nemmeno una parola ha alzato un dito perprendermi in giro per il fatto che avessi un occhio solo. Io comunque, ho cercato di far finta di niente, e per essere accomodante ho alzato due dita, complimentandomi con lui per il fatto che li avesse entrambi. Per tutta risposta il villano, ha adirittura rincarato la dose, mostrando tre dita e burlandomi del fatto che in due avevano solo tre occhi. A questo punto ho perso la pazienza e l'ho minacciato agitando il pugno".

lunedì 18 luglio 2011

La Presa della Bastiglia



L’importante non è fare esperienza, ma ricavare qualcosa da ogni esperienza fatta.
Da questa esperienza ho capito che il Vale Tudo, la lotta e il Jiu Jitsu sono sport di squadra.
Ricapitoliamo come ci sono arrivato.

Da quando pratico sport di combattimento ho sempre avuto il pallino che le MMA fossero la forma di confronto definitiva, laddove un incontro di Pugilato o di Jiu Jitsu è in primis una sfida di abilità circoscritte ad un particolare campo, le Mixed Martial Arts, con il loro quasi infinito numero di possibilità rappresentano soprattutto una sfida di Spirito, la tecnica come sempre ricopre un ruolo primario ma essendo così amplio lo spettro di situazioni in cui è possibile trovarsi nemmeno i più grandi campioni sono perfetti, cosa che invece a livello di singoli sport capita per determinati periodi della propria carriera. Non si tratta più quindi solo di quanto tu sia abile nel fare una cosa, ma quanto il tuo Spirito possa essere temprato nel farla. Ovviamente questo è presente in tutti gli sport, ma credo che nelle MMA sia preponderante, appunto perché la sola tecnica passa giocoforza in secondo piano.
Si faccia attenzione: non sto riducendo il tutto ad una rissa, au contraire, io lo vedo come la versione moderna dei vecchi duelli tra samurai con spade di legno, dove non necessariamente si moriva, ma capitava spesso e volentieri, pertanto chi ci si cimentava la vedeva come la prova ultima con la propria vita in palio. Per fortuna oggi non muore più nessuno, ma credo aiuti molto a ricreare lo stato mentale.

Questa divagazione giusto per far capire i motivi che mi hanno portato al Vale Tudo, pur considerandomi definitivamente un uomo del Jiu Jitsu. Questo torneo però, è arrivato in modo del tutto improvviso. Con 5 giorni di preparazione dopo un periodo in cui alternavo infortuni a riposo, diciamo che avrei potuto essere più pronto e anche rifiutando sarei stato scusato, però c’è una cosa di cui sono sempre stato fiero. Cioè il fatto di essere un lottatore. Allora mi sono detto che uno non può essere un lottatore solo quando gli fa comodo o gli piace dirselo, ma se uno vuole essere un lottatore deve fare quello che fanno i lottatori: lottare.
E qui torniamo all’inizio della storia, il perché siamo una squadra. Non ce l’avrei mai fatta da solo. Sarebbe stato letteralmente impossibile. In così poco tempo era impossibile raggiungere uno stato di forma ottimale, o elaborare qualche tecnica preziosa per l’occasione. L’unica cosa sensata da fare era lavorare su una strategia basata sul poco che già sapevo fare e poi applicarla con meno sbavature possibili. Gli ultimi allenamenti di striking li avevo fatti prima di novembre, da allora non avevo più tirato un pugno, in compenso avevo lottato 5 giorni a settimana, abbiamo cercato di impostare il gioco sulla lotta a terra, mirando non tanto a finalizzare quanto a guadagnare posizioni e poi colpire, sicuramente la cosa più immediata per chi non è abituato a lottare con i guantini e a cercare la finalizzazione con l’avversario che può difendersi con i colpi. Questo è stato il lavoro che ha fatto il mio Maestro Gianluca, ha letto il mio stile di combattimento e l’ha adattato alla situazione. Il mio amico Gianluca invece, le sere dopo allenamento mi ha messo nell’ordine mentale migliore per affrontare l’incontro, ricordandomi che potevo vincere. Poi, tutti, dal primo all’ultimo mi hanno dato disponibilità totale per qualsiasi tipo di sparring situazionale volessi fare, con o senza kimono. Matteino che mi aiuta ogni volta che ci alleniamo con la sua preziosa esperienza mi ha fatto fare degli sparring che mi sono stati preziosi; Simo mi ha organizzato un allenamento a Imola di mma con anche Zarbo, noto thaiboxer professionista di recente passato alle mma. E in più ogni volta che entravo in palestra tutti lavoravano per mettermi a mio agio. Persino la Cate dal Brasile mi ha mandato un messaggio di incoraggiamento ogni 10 minuti. Ho capito veramente cosa volesse dire far parte di un team, perché di solito gareggiamo tutti (grappling o bjj) e quindi magari non te ne accorgi, o pensi che comunque lo si faccia per ritorno, ora, che pensavo di essere da solo, ho invece scoperto di avere tutto il team. Una volta sul ring gli amici di Reggio Emilia mi hanno incitato (coinvolgendo nel tifo buona parte dei presenti) in maniera determinante. Infine il lavoro all’angolo di Raspa e Gianluca in sinergia è stato perfetto come sempre: comandi chiari, immediati e grande prontezza tra una ripresa e l’altra. Anche Angelo è stato un ottimo corner man non facendomi mancare nulla tra le riprese o tra i due incontri.
Sono stati il Rio Grappling quale entità astratta e il Club Atletico Bolognese quale luogo fisico che mi hanno permesso questa ricca serata di emozioni.
Senza tutti voi non ce l’avrei fatta, grazie di cuore amici miei la vittoria in questo torneo ve la dedico, siete il miglior team del mondo.

Ecco quindi perché sul ring il lottatore è la punta dell’iceberg, visibile e apparentemente pericoloso, ma è poi il team, la base sommersa, che affonda le navi.


Ecco i video dei due incontri, il secondo match non è completo, mancano altri 2 round da 2’ in ogni caso ho vinto ai punti. All’inizio volevo fare un commento, ma sinceramente ora non ne vedo più l’utilità: nel primo incontro con Manuel Conti c’è stata troppa poca azione per trarne le somme, l'unica cosa che si può dire è che l'atteramento judoistico è inguardabile.
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Nel secondo con Paolo Boroni abbiamo combattuto una vera battaglia, non lesinando però sugli errori: entrambi perso posizioni preziose, io non ho saputo gestire la situazione avendogli preso la schiena e soprattutto ho buttato via un armbar che era praticamente già fatta, cercando di recuperare poi con un goffo tentativo di chiave al piede.
Nello striking ci siamo sbizzarti di più verso gli ultimi extraround (non presenti), in cui io sono riuscito a tenere il centro e chiuderlo alle corde in un paio di occasioni, lui pur colpendo meno ha colpito più duro. 

Faccio i miei complimenti a questo avversario, prima di tutto per la correttezza e la lealtà con cui si è svolto il match, poi perché in fin dei conti come disse qualcuno, dopo aver condiviso 4 round di battaglia pulita sul ring è impossibile non stimare l’avversario.


Un ultimo appunto. Spesso subito prima e subito dopo l’incontro (a volte anche durante) ho fatto un po’ l’asino. Ci tengo a chiarire che non si è trattato di mancanza di rispetto verso nessuno, semplicemente combattere per me è una delle cose più divertenti che ci siano, e quindi cerco sempre di divertirmi al massimo, e se possibile di divertire al massimo anche chi sta guardando, e il massimo riconoscimento per me è sentire che ci sono riuscito.
Un ultimo appunto.2 ammetto che il titolo è un tantino altisonante, ma quando mi ricapita questa occasione? ahah

martedì 5 luglio 2011

UFC 132



Sabato è stata una nottata densa di combattimenti. Al MGM Grand Garden Arena di Las Vegas si è tenuto UFC 132, in Germania Klitschko ha affrontato Haye per unificare i titoli mondiali dei Pesi Massimi di Boxe, e sperduto nel modenese io ho affrontato il mio debutto nelle MMA, ma questa è un altra storia.

Ora voglio soffermarmi su UFC 132, non su tutto l'evento ma su 3 incontri che per un motivo o per un altro ritengo abbastanza significativi. Sono stati tutti match molto brevi.


Carlos Condit vs Don Hyun Kim
Kim arrivava da imbattuto, Condit da 3 vittorie importanti. Davvero degna di nota la raspagem con cui Condit una volta proiettato dal judoka riesce a guadagnare la posizione dominante. L'azione torna in piedi e l'americano parte con una ginocchiata volante e una serie di colpi al suolo che pongono fine all'incontro e alla nomea di imbattuto di Kim. Condit guadagna dunque il suo 3° ko consecutivo e porta il suo record totale a 27-5 mettendosi di peso nel giro dei big nella divisione dei pesi welter.


Tito Ortiz vs Ryan Bader
Darth Bader non ce la fa. E come già qualcuno pensava prima del match con Jones, si mostra un lottatore troppo pushato. Il suo striking consiste unicamente in un Overhand destro, colpo potente ma su cui non si può basare un match, o almeno non nel 2011. Tito invece appare spumeggiante come non lo era da anni, ottimi colpi di braccia abbattono l'avversario, prontamente finalizzato in ghigliottina.
Tito ha fatto una grande performance, tornando a vincere dopo 5 anni di sconfitte (e un pareggio). E' vero che tali insuccessi sono avvenuti contro alcuni dei migliori lottatori della divisione (Liddel, Machida, Evans, Griffin e Hamill) ed è vero che apparte Chuck nessuno è riuscito a vincere entro il limite, ma è anche vero che gli anni si fanno sentire, Tito si è formato e ha debuttato in un altra era dello sport, è stato uno dei campioni di LHW più dominanti di sempre, un icona di questo sport al pari di Iceman e Wanderlei. Io penso col cuore che una bella performance come questa sia l'occasione migliore per ritirarsi, e dimostrare ancora una volta a tutti che Tito Ortiz è un Fighter con la F maiuscola.
Degna di nota anche la sua maglia per l'evento: "i'm not the next somebody, i'm the FIRST Tito Ortiz" (io non sono il prossimo qualcuno, io sono il primo Tito Ortiz!)


Wanderlei Silva vs Chris Leben
27 secondi è il tempo che ha impiegato Leben per mandare tko la leggenda del Pride. Wand non combatteva da quasi un anno e mezzo, un avversario come il sempre in ascesa Leben non era certo facile come rientro, specie vista la tattica adottata dal brasiliano per affrontarlo. Andare giù a muso aperto a vedere chi è più duro. Purtroppo nella sua vita Wand ha affrontato tante e tali battaglie, da non avere più la scorza per questo tipo di incontri. La storia ci insegna che un fighter, sia esso un pugile o un lottatore, deve cambiare il modo di combattere con l'età, perchè quello che funzionava in gioventù con gli anni smette di essere ottimale. Credo che Wand abbia passato ormai l'età in cui o evolvi o ti estingui, e abbia scelto di evolvere troppo poco.
Nessuna sconfitta e nessun incontro potrà mai cancellare quello che è stato Wanderlei: uno dei lottatori più dominanti in assoluto, che ha spesso regalato anche decine di kg ai suoi avversari e ha sempre scelto lo scontro a muso duro invece del tatticismo per la vittoria ai punti. Che tu scegliessi di stare in piedi, o di andare a terra, contro il Wanderlei dei tempi d'oro venivi comunque massacrato.


Dunque questo è stato UFC 132, una serata densa di azione e adrenalina, il declino di una leggenda, la glorificazione di un altra e (forse) la nascita di una stella. Insomma quello che ci voleva per riprendersi dalla noia di UFC 131.

lunedì 4 luglio 2011

Inferno e Paradiso

C'era un uomo buono e giusto che dopo una lunga vita di felicità morì. Giunto nel regno dei cieli fu accolto da uno spirito che gli disse di essere stato destinato al paradiso. L'uomo, prima di andare, gli chiese se potesse vedere qual'era l'alternativa che aveva scampato.
Lo spirito acconsentì e lo condusse quindi agli inferi. Qui l'uomo vide una sala enorme, con molte sedie e una tavola ricchissima, imbandita di ogni cibo e bevanda che si potesse desiderare. Guardando bene però, l'uomo vide che i commensali erano esili e deperiti, e si accorse che nessuno mangiava. "Come mai nessuno mangia? E' forse avvelenato il cibo?" chiese allora allo spirito, ed egli rispose "No, le vivande sono sane e tutti ne vorrebbero, non bramano altro. Essi però non mangiano, perchè il cibo può essere toccato solo con le bacchette da portata. Tali bacchette, qui, sono lunghe tre metri, e possono essere impugnate solo dal fondo. Nessuno di loro ha braccia tanto lunghe da permettergli di poter usare le bacchette per cibarsi, e quindi sono condannati a desiderare per l'eternità un cibo che non possono avere". Questa condanna terribile e crudele intristì l'uomo che chiese di allontanarsi da quel luogo.

Lo spirito lo condusse quindi in paradiso. Qui, con suo enorme stupore, l'uomo vide una stanza identica, con lo stesso numero di sedie, con la stessa tavola imbandita allo stesso modo, ma questa volta attornata da commensali grassi e beati. Chiese spiegazioni allo spirito, che gli rispose: "Questa stanza è come l'altra che hai già visto. Anche qui l'unico modo per toccare il cibo è tramite le bacchette. Anche qui le bacchette sono lunghe tre metri, e anche qui possono essere impugnate solo dal fondo. L'unica differenza, che cambia però ogni cosa, è che nell'altra stanza ognuno cerca di mangiare per se, ed è quindi condannato a non riuscire, qui invece ognuno imbocca il vicino e tutti possono saziarsi."