lunedì 13 febbraio 2012

Le origini del Jujutsu (pt 2)



Come in ogni altro paese del mondo, anche in Giappone si praticava la lotta, ben prima dei tempi dei samurai.
Lo stile di lotta nipponico maggiormente noto è il Sumo.
Sembrerebbe che il Sumo trovi le sue origini nelle antiche feste agricole dedicate alla dea Amaterasu Omikami, dove quattro balle di fieno venivano legate assieme per formare una sorta di primitivo ring (questo sembrerebbe confermato dal fatto che ancora oggi il dohyo, l'area di lotta sopraelevata del sumo, conserva le esatte dimensioni date da quattro balle di fieno).
La parola dea è in realtà fuorviante. Abbiamo visto come sia complesso se non addirittura a volte impossibile parlare di vocaboli orientali. Amaterasu non è propriamente una dea nel modo in cui noi intendiamo questa parola, Amaterasu è un kami dello shintoismo, la misteriosa religione autoctona del Giappone.
Dominio di Amaterasu è il sole, e per riflesso l'agricoltura. Una leggenda vuole che quando Susanoo, fratello di Amaterasu e patrono della tempesta, si prese gioco della sorella e la spaventò, essa si rifugiò in una caverna e finchè permaneva questa condizione i campi persero la fertilità (mito delle stagioni, simile al mito di persefone della tradizione greca). Non stupisce quindi che in tutto l'arcipelago vi fosse una particolare devozione verso questa Grande Madre responsabile degli approvigionamenti. Grande Madre non a caso: Amaterasu era infatti la progenitrice di Jinmou, il primo imperatore del Giappone, e in una non meglio precisata discendenza meno diretta, di tutti gli abitanti dell'arcipelago giapponese.
E' questo ruolo di primissimo piano ricoperto da Amaterasu, che ci permette di capire come mai il Sumo ha avuto, ed ha tutt'ora, un ruolo di primo piano nella cultura del Paese del Sol Levante, ultimo retaggio della società feudale. I sumotori, non sono considerati semplici atleti, ma sono visti come ingranaggio di un meccanismo in stretto rapporto con il sacro. La lotta non è solo gesto sportivo: è vero e proprio rituale religioso.
Il Sumo poi non va visto come mera collisione di masse spropositate. In realtà ad essere oversized sono solo i lottatori professionisti, quelli che appunto ricoprono questa funzione ritualistica. Il sumo, prima dell'avvento del judo, era uno dei principali sport per educare i bambini: formativo nel fisico e nel carattere. Il sumo è anche uno sport molto tecnico. Molte tecniche del Judo come sappiamo provengono da altri stili, tra questi il Sumo. In particolare le tecniche di gamba provengono da questa antica disciplina.

Ma c'è qualcosa di ancora più arcaico nel panorama della lotta giapponese: Chikara Kurabe. Cosa sia esattamente e quando sia avvenuto è ignoto. Sembra si trattasse di "prove di forza" ovvero un metodo alternativo alla guerra per risolvere una disputa tra due fazioni opposte. All'interno di ogni schieramento si sarebbe scelto il più valente lottatore, e i due si sarebbero quindi scontrati secondo regole affini a quelle del pancrazio occidentale della anica Grecia. L'incontro violento avrebbe poi decretato il vincitore, e la fazione sconfitta avrebbe accettato questo risultato. Un modo per risparmiare vite mediante un duro conflitto.

La storia della lotta Giapponese è lunga e complessa, questi non sono che brevi stralci. Nel prossimo intervento parlerò delle origini leggendarie del Jiu Jitsu.

domenica 5 febbraio 2012

Le origini del Jujutsu (pt 1)




Nonostante sia divenuto noto al mondo come 'brazilian' le origini del Gracie Jiu Jitsu sono da ricercarsi in oriente. In realtà, vi è un dibattito circa lo stile di lotta che Mitsuo Maeda insegnò al giovane Carlos Gracie: c'è chi dice che fosse un misto tra Catch, Judo e Jujutsu, e chi sostiene che invece si trattava unicamente di Judo. Io personalmente vedo molto plausibili entrambe le opzioni: sicuramente il judo di fine 1800 non era la stessa arte che noi chiamiamo Judo oggi; allo stesso modo si raccontano due cose sul Konte Koma: la prima è avesse preso parte a diversi incontri di lotta mista una volta lasciato il giappone, la seconda è che prima di studiare il Judo conoscesse già un particolare stile di Jujutsu.
Spesso e volentieri viene data per oro colato una e una sola versione dei fatti, questo non è un metodo di indagine storica valida, chi vuole narrare le origini del Brazilian Jiu Jitsu farebbe bene a rimarcare il fatto che vi è molta incertezza sugli avvenimenti di quegli anni, e fornire varie ipotesi. Sopratutto vi è molta confusione riguardo a cosa fosse il Judo in quegli anni, ma di questo parlerò più avanti.

Lo scopo di questo post voleva andare addirittura più indietro delle origini del Jiu Jitsu brasiliano, per arrivare alle origini del Jujutsu giapponese. Inizierò in questa prima puntata con una nota etimologica.
Innanzi tutto perchè Jiu Jitsu e Jujutsu? Non sono forse la stessa parola? Si e no.
Come saprete, in Giappone per scrivere molte parole si usa l'alfabeto Kanji, un sistema in cui gli ideogrammi indicano non un suono ma un significato. Questo complica moltissimo le cose quando si tenta di effettuare una traduzione, specie perchè essendo così distante la matrice culturale molti concetti semplicemente non esistono in una lingua o nell'altra. L'ideogramma 柔 JU, che noi traduciamo con cedevolezza, in realtà esprime un concetto  molto più amplio intraducibile correttamente nel nostro idioma. Allo stesso tempo è una fortuna che Cartesio sia nato in Francia: in giapponese non è possibile formulare la frase "io penso dunque sono"!
Ma questo è un problema essenzialmente concettuale che ci impedisce di cogliere le più profonde sfumature della cultura nipponica, in questa sede è maggiormente interessante la traslitterazione. E' presto detto, all'epoca in cui Maeda insegnò ai Gracie non esisteva un sistema di traslitterazione ufficiale, pertanto ai tempi 柔術 si poteva trascrivere come: jujutsu, ju jutsu, jiu jutsu, jiu jitzu e via discorrendo. A quanto pare Maeda (o chi per lui) usò 'Jiu Jitsu', che divenne quindi la parola per riferirsi all'arte dei Gracie. Anni dopo, formalizzate le regole di translitterazione, 柔術 diventa Ju Jutsu, usato a questo punto però solo per la disciplina Giapponese antica, ecco quindi perchè quella che dovrebbe essere la stessa disciplina, in due stili radicalmente diversi ha anche una trascrizione diversa: motivazioni esclusivamente storiche.

mercoledì 1 febbraio 2012

IBJJF European Open Jiu-Jitsu Championship 2012

Rodolfo Viera, Campione Europeo 2012 Cinture Nere Open 
Si può riassumere l'evento in due parole: livello stellare. Altrettanto sinteticamente si può riassumere la mia performance: pessima. Potrei concludere qui (e non c'è veramente altro da dire, quindi se leggete poi non lamentatevi) ma visto che in gennaio non ho aggiornato il blog scriverò qualche altra cosa.
Ero onorato, e forse quasi  superbamente orgoglioso di prendere parte ad uno dei più importanti tornei di Jiu Jitsu al mondo, un evento alla cui precedente edizione hanno partecipato oltre 2000 atleti, superato per prestigio dei partecipanti solo dal Panamericano e dal Mundial. Sapere che l'elitè del Bjj si è scontrata sullo stesso tappeto su cui ho lottato io, e incontrare personaggi come Roger, Megaton e altri in giro per i corridoi ha caricato di importanza e aspettative l'esito del torneo: vincere, ma anche solo fare bella figura in questo evento significava certamente molto per il mio ego. Purtroppo qualcosa è andato storto. E' vero che sono stato più in forma in passato (ero sottopeso e con un paio di infortuni lievi) ma sarebbe nascondersi dietro un dito perchè queste cose non hanno avuto alcun peso nella sconfitta. Semplicemente per la prima volta della mia vita, salendo sul tappeto non ero convinto di quello che stavo facendo. Sono uscito dagli spogliatoi incazzato, non tanto per la sconfitta in sè, ma perchè avevo la sensazione di non aver lottato, era come se non fossi riuscito a scaricare la tensione pre gara e quindi mi pesava ancora, nonostante fosse tutto finito. Una sensazione spiacevole in un palazzetto pieno di tensione agonistica.
Sento che questa sensazione passerà al 100% solo quando avrò finalizzato il prossimo avversario in juji.

La trasferta ha però avuto anche i suoi risvolti positivi, a paritre dal primo: nonostante Gabri, Monica e Gianlu abbiano condiviso la mia stessa sorte (lottando sicuramente meglio), Cate e Marti sono riuscite ad arrivare a podio, ottenendo rispettivamente bronzo e oro. Per Martina è dunque arrivato anche il titolo Europeo e di conseguenza la meritatissima faixa azul. E' stata una gioia grandissima essere presente a questi due importanti traguardi, sopratutto per il fatto che fossi a bordo tatami.

Per finire un appunto, oltre agli amici del RGC Molfetta, Sestri, e i solitari viaggiatori di Livorno e Viareggio, è stato un piacere condividere la permanenza a Lisbona con gli amici dei Fratelli Leteri, Nova Uniao, e Tribe.